Andrea, pensionato
«Sono un maremmano di nascita» così Andrea Santini si descrive e racconta al nostro portale #Maremmani. «Vivere a Montemassi nel dopoguerra fino a metà degli anni ’50, significava osservare in pianura il vicino paese di Ribolla e il fumo delle sue miniere di lignite. Sentire, come un lamento che faceva accapponare la pelle il suono di una sirena che preannunziava “una disgrazia”. Così si chiamava nel linguaggio della gente, lo scoppio incendiario del grisù, il micidiale gas di miniera. In cima alla collina, meno di trecento metri di altitudine, troneggiano le aldobrandesche rocche del castello, immortalato da Simone Martini nel celebre affresco: “Guidoriccio da Fogliano all’assalto di Montemassi”, voluto dalla città di Siena, in seguito alla sua conquista.
Insomma, una storia intessuta di lotte, conquiste, battaglie, riconquiste, e miniere fin dall’800. Più oltre, verso Giuncarico, s’intravede anche il castello ove fu rinchiusa, secondo la tradizione, la mitica e tragica Pia De’ Tolomei, messa da Dante, forse ingiustamente, nel suo Purgatorio, per presunta infedeltà al marito. L’avventuriero feudatario Nello Pannocchieschi. Noi ragazzi, negli anni dopo la seconda guerra mondiale, andavamo alle elementari in locali improvvisati, inclusi in un palazzo storico appartenente ad una nobile famiglia senese, proprietaria di numerosi poderi con vasti territori agricoli. Importante era la mietitura e la trebbiatura del grano. Avvenimenti che ci affascinavano.
Nell’autunno, la raccolta delle olive. La maggior parte delle famiglie aveva un appezzamento di oliveti in affitto; la sera i carri con i buoi trasportavano i sacchi ripieni di olive al frantoio della fattoria per la frangitura. L’odore dell’olio fresco e il profumo della bruschetta si è fissato nelle nostre memorie. Così molte famiglie arrotondavano il magro stipendio della miniera (la maggior parte degli uomini erano minatori). Era una fortuna esserlo, e credo anche un orgoglio.
Da aggiungere, poi, l’orticello domestico, l’allevamento dei polli, dei conigli e del maiale. La Montecatini era la società milanese proprietaria delle miniere. Noi ragazzi in estate andavamo alle colonie marine organizzate per i figli dei dipendenti. Almeno potevamo stare una quindicina di giorni al mare. Era come realizzare un sogno. In realtà il mare, da Montemassi s’intravede in lontananza, come una irraggiungibile lunga striscia azzurra. Dalle alture dell’Uccellina, fino a quelle di Castiglion della Pescaia. Più a ovest si scorgono perfino i monti dell’Elba, o forse anche, si diceva, quelli della Corsica, quando il cielo è fortemente trasparente. Le due fonti dell’acqua potabile del paese e il mitico lavatoio, ora dismesso, erano i luoghi in cui le donne riempivano le brocche, lavavano i panni, parlando fra loro con libertà, distanti dalle orecchie dei mariti e della gente del paese.
Le rocce, I mandorli e i fichi d’India e giuggioli abbondavano a Montemassi, conferendo al paese un carattere tipicamente mediterraneo. La chiesa parrocchiale di S. Andrea apostolo, e la caratteristica cappella della “Madonna” hanno accolto nei secoli lo spirito devozionale dei montemassini, convivendo rispettosamente con le radicate tradizioni laiche della popolazione. Distante solo qualche chilometro, nei pressi di Caminino, si trovava la piccola cappella di S. Feriolo (forse un martire romano), raggiunta tradizionalmente in processione dai devoti di vari paesi confinanti,
(Roccastrada, Sassofortino e Roccatederighi, Montemassi), la domenica della SS. Trinità. Anche per impetrare il Santo per la caduta della pioggia, nei periodi di persistente siccità. L’era mineraria, già al tramonto, terminò, gradualmente, con “la disgrazia” del 4 maggio del 1954, la più tragica del dopoguerra, che procurò la morte di 43 minatori. Essi provenivano da varie regioni d’Italia. Noi bambini sentivamo curiosi accenti e dialetti sconosciuti. Ci eravamo abituati a convivere con persone e comunità diverse. Le immigrazioni minerarie nel nostro territorio, negli anni 30 e dopo la seconda guerra mondiale, avevano anticipato di vari decenni quelle attuali. I minatori sono ormai scomparsi. Il villaggio minerario di Ribolla cessò di esistere nel 1960».
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